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Cari lettori,
vi propongo la
recensione di una pellicola che, diciamolo subito, non è per tutti.
Lo sa bene il
mio amico Aurelio che mi ha accompagnata al cinema ed è rimasto un po’ scosso.
Lo ringrazio di
cuore.
Ringrazio anche Winding Refn che non si è fatto
trascinare, dopo il successo di “Drive”,
in un nuovo film dal taglio facile e non autentico. Ha invece colpito ancora,
lasciando alle spalle i pregiudizi e i canoni hollywoodiani, concentrandosi su
ciò che più lo attira e non vergognandosi di mostrarlo al pubblico (dai 14 anni
in su però).
La storia,
ambientata a Bangkok, ha una trama
semplice ma temi complessi. Julian (Ryan Gosling) e suo fratello Billy (Tom Burke) gestiscono un imponente traffico di droga celato da una
palestra di box thailandese per giovani ragazzi.
Entrambi i
fratelli sono succubi di un passato difficile, governato da una madre
autoritaria e legata ai figli in modo carnalmente ambiguo; Billy sfoga i suoi
disturbi su giovani ragazzine prostitute (ecco uno dei temi rilevanti che agli
occhi del turista occidentale appare sotto una cascata di lucine colorate e
manicure perfette) arrivando un giorno a ucciderne una. Un tale gesto non può
essere perdonato.
La morte di
Billy scatenerà l’ira della madre che esigerà una vendetta ingiusta e difficile
da ottenere in un paese dove regna una legge diversa da quella americana.
Chi emetterà
sentenza è un poliziotto in pensione, Chang
(Vithaya Pansringarm) che, con la
forza della lama, porrà fine alla storia e alla prigionia di Julian, tagliando
il simbolo del legame con il suo passato ricco di sofferenza.
Refn affronta
temi importanti partendo da una trama semplice, continuando con uno sviluppo
lineare e accompagnando lo spettatore con lunghe sequenze e pochi dialoghi e
con un velo rosso che culla i personaggi alla consapevolezza della loro fine.
Il rapporto tra
la madre e i figli è riconducibile al famoso “complesso di Edipo”, pur senza un riferimento esplicito, la madre è
la causa dello stato di prigionia di Julian, affetto da impotenza e gravato
dall’omicidio del padre di cui porta ancora i segni nella mente e sulle mani;
mani che sono il simbolo del potere maschile, che possono schiacciare ma anche
essere legate. Legate da un passato che non si dimentica, da una prigione fatta
di corridoi lunghi e dipinti con fantasie ripetitive e chiuse come i tessuti
dei vestiti della madre, tagliati in un animalier intricato.
Gosling è capace
nell’interpretazione del protagonista grazie proprio alla sua scarna capacità
comunicativa; pochi sguardi, poche espressioni. Cosa di meglio per esprimere la
prigionia che mancanza di espressività? (Tranne in una scena poco dopo l’inizio
del film, in cui Julian dovrebbe manifestare paura ma Gosling non riesce a
rendersi credibile).
“Solo Dio Perdona”
è un film forte di cui c’è molto da dire ma specialmente molto da guardare e da
apprezzare.
Elevate la
fotografia e la colonna sonora (ancora curata da Cliff Martinez); una nota di apprezzamento a Kristin Scott Thomas che interpreta Jenna, la madre, in modo
magistrale; una madre che è simbolo di sicurezza. Una sicurezza che
Julian ritrova mettendo la mano nell’utero ormai privo di vita di lei.
Refn è un
regista che se ne frega altamente dei canoni hollywoodiani e dei fischi che ha
ricevuto a Cannes da quella stessa
giuria che nel 2011 gli aveva assegnato il premio alla regia; è un regista che
non si fa comprare, non perdona.
4 stelle, bravo Refn.
Spero la mia
recensione vi sia piaciuta, con affetto,
Cris
Fonti: Wikipedia
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Dear readers,
Today I'm going to talk
about a movie that, let me tell you, it's not for everybody. My friend Aurelio
knows it really well: he went to see this movie with me and was a little bit
shocked. I really appreciated it.
I want to thank Winding
Refn as well: he didn't come out with a simplistic and not-authentic movie
just because he had a great success with “Drive”. He was actually
able to strike again, leaving behind all the prejudices and the Hollywood's
impositions and concentrating on what he likes the most, not being afraid of
showing it to the audience (only 14-years old and older).
The story, which takes place
in Bangkok, has a simple plot but complex subjects. Julian (Ryan
Gosling) and his brother Billy (Tom Burke) manage a massive
drug trafficking, hidden behind a Thailand boxing gym.
Both the brothers have had a
difficult past, because of an authoritarian mother who was close to his
children in a weird, carnal way. Billy vents his disturbs on young prostitutes
(here's one of the most relevant subjects that, to the eyes of a Western
tourist, might look just like colorful lights and perfect manicures), until one
day he kills one of them. Something like this cannot be forgiven.
Billy's death will make his
mother go crazy, and she will want a wrong and hard-to-get revenge, especially
in a country where the law is different from the one in the US.
The person who will issue
the sentence is a retired policeman, Chang (Vithaya Pansringarm)
who, using the strength of a blade, will end Julian's story and imprisonment,
cutting the link with his past full of sorrow.
Refn addresses really
important issues, starting from a simple plot, going on with a linear
development and walking the viewer with long passages and a few dialogues, and
with a red veil which rocks the characters, aware of their end.
The relationship between the
mother and her two children is attributable to the well-known "Oedipus
complex"; even if there's not a specific reference, his mother is the
reason of Julian's imprisonment. He's is also suffering from impotence, and
feels the weight of his father's murder, whose signs are still visible
on his hands and in his mind. His hands are the symbol of a manly power, that
can smash but can also be tied up. Tied up by a past you cannot forget, by a
prison made of long hallways and pictures with the old same patterns - exactly
like his mother's clothes, an intricate animal print.
Gosling did a great job this
time because of his meager communication skills; just a few faces, just a few
expressions. What's better than a lack of expressiveness to convey the idea of
an imprisonment? (Apart from a scene after the beginning, where Julian should
be afraid, but Gosling is not credible at all).
“Only God Forgives” is a
strong movie you can say a lot about, but from which you can learn and
appreciate a lot as well.
The photography and
soundtrack (by Cliff Martinez) are great; I really appreciated Kristin
Scott Thomas' amazing job playing Jenna, the mother, the symbol of
life and security. A security Julian is able to find once again when he put his
hand in her life-less uterus.
Refn is a kind of director
who doesn't care about Hollywood canons and the critiques he received in Cannes
(from the same people who gave him the prize for his direction in 2011). He's a
director who doesn't want to be bought by anyone, who doesn't forgive anyone.
4 stars, good job Refn.
I hope you liked my review.
Love,
Cris
Sources: Wikipedia
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Traduzione a cura di: Giulia Macciò
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