sabato 1 marzo 2014

12 anni schiavo

Locandina - Image from Google Images

Cari lettori,

Steve McQueen (“Hunger”, 2008 e “Shame”, 2011) porta sullo schermo la storia vera di Solomon Northup (la cui autobiografia uscì nel 1853), dotato violinista che viveva libero con moglie e figli nella contea di Saratoga e che, nel 1841, venne rapito da una coppia di falsi agenti di spettacolo e venduto come schiavo.

La sua atroce esperienza si prolungò, come dice il titolo, per ben 12 anni tra lavoro forzato e supplizi presso tre diverse piantagioni e sotto diversi padroni, tra cui lo schiavista Edwin Epps (interpretato da Michael Fassbender con cui il regista ha ormai stretto un sodalizio lavorativo), dotato dell’ignoranza più becera e della cattiveria più inutile.
McQueen ha scelto di mostrare allo spettatore il delicato argomento della schiavitù che ancora rappresenta una cicatrice per il paese che si fa vanto del “sogno americano” e che è stato recentemente affrontato da altri registi di elevato livello, seppur con storie dissimili (“Lincoln” di Spielberg, 2012 e “Django Unchained” di Tarantino, stesso anno). Il regista inglese ha però scelto di raccontare una storia senza espiazione, muta, in cui il protagonista silenziosamente vive l’esperienza in cui si trova senza ribellarsi apertamente ma anche senza accettare la propria situazione, senza dimenticare la propria condizione originaria, fino a un crescendo di emozioni che si libera in un canto comune per un lutto, in quel canto che è simbolo di unione tra quelle persone private del primo diritto che l’uomo ha al momento della nascita.
Lo spettatore vive con Solomon (interpretato da un capace Chiwetel Ejiofor) quella privazione, quell’ingiustizia e quella legge sbagliata che non ha risparmiato nessuno, né Solomon con la sua libertà, né la popolazione nera, né tantomeno (e ancora prima, ricordiamolo, come ha fatto McQuenn mostrandolo in una scena) i nativi americani, a cui fu strappata la terra natia.
Quello che il regista non dice però, calcando di conseguenza sulla condizione abietta dei personaggi negativi padroni di Solomon (da Edwin al venditore di schiavi interpretato da Paul Giamatti fino a John, un sempre bravo Paul Dano, padrone della prima piantagione in cui Solomon venne portato), aspetto certamente essenziale ma non unico, è il motivo (ahimè antico, sporco e schifoso) della schiavitù e di molti altri genocidi della storia, non solo americana: il denaro.
Come spiattellava apertamente l’indimenticabile personaggio del Dottor. Schultz a Django nel citato film di Tarantino: “Lo schiavismo è un commercio: carne per contanti”.
La storia mostrata da McQueen cade quindi su un profilo quasi prettamente personale del protagonista e dei personaggi di contorno (come la schiava Patsey), scelta credo voluta ma che rappresenta una goccia di un sicuramente più ampio panorama.
La scelta del cast è nel complesso azzeccata, specialmente per attori come Dano e Giamatti, relegati però a ruoli di contorno; la pellicola di genere autobiografico è stata nominata a numerosi premi Oscar (2014) tra cui Miglior film, Miglior regia e Miglior sceneggiatura non originale…vedremo se avrà più successo di Lincoln o di Django Unchained che agli Oscar 2013, nonostante numerose nomination, si aggiudicarono solo due statuette ciascuno.
Vedremo anche la prossima scelta di McQueen, se ripiegherà nuovamente su personaggi prigionieri e sul medesimo attore o se invece cambierà registro e tenterà un azzardo, stupendoci davvero.

3 stelle.

Spero la mia recensione vi sia piaciuta, al prossimo post,

Cris

Fonti: Wikipedia

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Dear readers,
Steve McQueen (“Hunger”, 2008 and “Shame”, 2011) is back on the screen with the true story of Solomon Northup (whose autobiography came out in 1853), a talented violinist who used to live freely with his wife and kids in the county of Saratoga, but who got kidnapped in 1841 by two false show agents and then sold as a slave. As the title says, his atrocious experience lasted for 12 years, between forced labour and tortures in three different plantations and under different owners - like, for example, Edwin Epps (played by Michael Fassbender, who is now really close to the director work-wise), provided with the most vulgar ignorance and the most useless malice. McQueen has chosen to show the audience the delicate theme of slavery - which still represents a scar for that country who's proud of its "American dream" - like many other directors lately, even if with different stories (“Lincoln” by Spielberg, 2012 and “Django Unchained” by Tarantino, same year). However, the British director has decided to tell us an atonement-free, mute story, whose protagonist silently lives his experience without openly rising up or trying to forget about his original conditions. It's a climax of emotions all the way to a song for a common mourning, a song that's the symbol of union between those who got deprived of their first right every man has once he's born. The viewer lives with Solomon (played by a good Chiwetel Ejiofor) that deprivation, that injustice and that wrong law that spared nobody, neither Solomon and his freedom, nor black people or even Native American (as McQueen shows in a scene), who lost their native land a long time ago. The directors highlights one of the most important aspects of the story: the poor conditions of Solomon's negative owners (from Edwin to the slave sellers played by Paul Giamatti, all the way to John, a great Paul Dano, the owner of the first plantation Solomon worked for). But this is not the only one. What the directors doesn't say is the reason (an old, dirty and revolting one, i'm afraid) why slavery and many other genocides (even in America) existed: money. Like the unforgettable characted of Dr. Schultz used to openly blurt out to Django in Tarantino's movie: “Slavery is a trade: meat for cash". The actual story McQueen showed us leans almost completely onto the personal side of the protagonist and the other characters (like the slave called Patsey); I think this was a deliberate choice, but it's jsut a drop of a way bigger ocean. On the other hand, the cast is amazing, especially thanks to actors like Dano and Giamatti, who were relegate to minor roles. This autobiographic movie got nominated for many Oscars (2014) like Best Movie, Best Director and Best Adapted Screenplay...we'll see if it will be more successful than Lincoln or Django Unchained who only got 2 awards each at the 2013 Oscars - despite the copious nomenees. We will also see McQuenn's next choice: if he will once again focus on slaves and the same actor, or if he will change and get out of his comfort zone to truly surprise us.
3 stars
I hope you liked my review. See you in the next one,
Cris
Sources: Wikipedia

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