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Cari lettori,
questo film del 1998 diretto da Joel Coen ma sceneggiato anche dal fratello Ethan è un carosello di giovani degli anni ’70 che si sono
trascinati ognuno la propria croce fino
ai primi anni ’90 (i tempi del primo conflitto in Iraq del buon vecchio Bush
“padre”);
c’è chi cerca di dimostrare un successo mai realmente ottenuto (il “grande” Lebowski), chi non riesce a dimenticare il passato, Walter, interpretato da un mitico John Goodman che non perde occasione per rivendicare il proprio status di reduce dal Vietnam (tema questo che ritroviamo anche in un’altra pellicola dei fratelli Coen, “Non è un paese per vecchi”), chi osteggia un femminismo radicato quanto ridicolo, Maude Lebowski (interpretata da una divertente Julianne Moore), chi vuole solo giocare a bowling e subisce i cali d’attenzione dei suoi amici (il dolce Steve Buscemi nel ruolo di Donny) e chi, reduce di un passato da pacifista e fumatore di “maria” cerca di perpetuare, con anche un rispettabile successo, la propria situazione di slacker tra “una partita di bowling, un giro in macchina e un trip da acido quando capita”, molti white russian e una mise davvero molto easy: Jeff Lebowski o, meglio, il Drugo, o “drughetto, drugantibus o drughino se è uno di quelli che mette il diminutivo ad ogni costo” (pessima traduzione dall’inglese “Dude”), interpretato da un indimenticabile Jeff Bridges.
c’è chi cerca di dimostrare un successo mai realmente ottenuto (il “grande” Lebowski), chi non riesce a dimenticare il passato, Walter, interpretato da un mitico John Goodman che non perde occasione per rivendicare il proprio status di reduce dal Vietnam (tema questo che ritroviamo anche in un’altra pellicola dei fratelli Coen, “Non è un paese per vecchi”), chi osteggia un femminismo radicato quanto ridicolo, Maude Lebowski (interpretata da una divertente Julianne Moore), chi vuole solo giocare a bowling e subisce i cali d’attenzione dei suoi amici (il dolce Steve Buscemi nel ruolo di Donny) e chi, reduce di un passato da pacifista e fumatore di “maria” cerca di perpetuare, con anche un rispettabile successo, la propria situazione di slacker tra “una partita di bowling, un giro in macchina e un trip da acido quando capita”, molti white russian e una mise davvero molto easy: Jeff Lebowski o, meglio, il Drugo, o “drughetto, drugantibus o drughino se è uno di quelli che mette il diminutivo ad ogni costo” (pessima traduzione dall’inglese “Dude”), interpretato da un indimenticabile Jeff Bridges.
Come mio solito
non voglio raccontarvi la trama. I fratelli
Coen sono noti per le loro ottime sceneggiature e mai mi azzarderei a svelarvi qualcosa che i vostri occhi possano
apprezzare di gran lunga di più; vi dico solo che il Drugo rimane coinvolto in
“un caso complicato, pieno di input e output”, è “non dico un eroe perché, che
cos’è un eroe? È piuttosto l’uomo giusto, nel posto giusto, al momento giusto”.
La storia si
svolge a Los Angeles ed è in parte
ispirata al romanzo “Il grande sonno”
di Raymond Chandler; aldilà di ogni
giudizio o valutazione, la pellicola dei fratelli Coen è un vero spasso.
Costellata da personaggi indimenticabili, interpretati magistralmente (una nota
di stramerito al grande John Turturro
nei panni di un campione di bowling pederasta di nome Jesus, a Sam Elliott, lo
“straniero”, cowboy voce narrante
del film e a un giovane e irresistibile Philip
Seymour Hoffman nel ruolo di Brandt),
condita con una serie di lunghe sequenze e di alcune scene oniriche ben
calibrate, il risultato finale è unico.
Non ci sono
surrogati o imitazioni, i Coen non sbagliano e Jeff Bridges è indimenticabile
con il suo accappatoio e i sandali di gomma, con gli occhiali da sole e il
latte (pagato con un assegno da 0,68 centesimi di dollaro) del suo fedele amico
white russian sui baffi incolti.
Secondo me però non
è solo una storia divertente, i Coen non lasciano nulla al caso, la pellicola
si riferisce fortemente al passaggio americano dagli anni ’70, un decennio di
rivoluzioni e guerra atroce (guerra del Vietnam 1960/1975) ai primi anni ’90,
in cui si sperava di uscire da un cliché a cui il vecchio Bush e forse anche il
buon vecchio popolo americano, segnato da uno spirito conquistatore e
coloniale, non hanno saputo rinunciare (Guerra del Golfo 1990/1991); un disagio
sempre vivo e presente.
Qui, però, si
parla di cinema…e allora chiudo la mia riflessione e la mia recensione, dando a
questa mitica pellicola 4 splendenti
stelle…ora mi vado a preparare un white russian!
Spero la mia
recensione vi sia piaciuta, al prossimo post,
Cris
Fonti: Wikipedia
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Dear readers,
This
movie, directed in 1998 by Joel Coen but scripted by his brother, Ethan, is a whirlwind of youngsters
from the '70s; and each one of them facing their problems until the early '90s
(when the first war in Iraq started and Bush senior was the president of the
US). Somebody is trying to prove their success, even if they never had one (the "big" Lebowski); somebody
else cannot forget their past, like Walter,
played by a great John Goodman, who
never misses an opportunity to reclaim his Vietnam veteran status (a theme we
also find in another Coen movie,
"No Country For Old Men").
Someone else opposes a feminism that's deeply rooted by ridiculous at the same
time: Maude Lebowski (played by a
funny Julianne Moore); some people
just want to play bowling, and have no more friends (like the sweet Steve Buscemi playing Donny); and finally, somebody who -
recovering from his past as a pacifist and pothead - is trying to keeping up
(with success) with his slacker status, between "a bowling match, a drive
and an acid trip when you have the chance", a lot of white russians and a really easy attire: Jeff Lebowski or, better, "The Dude", played by an unforgettable Jeff Bridges. As usual, I don't want to tell you the whole plot.
The Coen brothers are known for
their great scripts and I would never dare telling you something you're gonna
enjoy way more with your own eyes. I just want to say that "The Dude" will be involved in a
"complicated situation, full of inputs and outputs", he is "not
really an hero, because, what is an hero? He's rather the right man, in the
right place, at the right time". The story is set in Los Angeles, and it's partly inspired
from the novel “The Big Sleep” by Raymond
Chandler; besides from any judgement or opinion, the Coen brothers' movie
is so much fun. Filled with unforgettable characters, played so well (I have to
mention the great John Turturro
playing a pederast bowling champion called Jesus;
Sam Elliott, the “stranger”, cowboy and voice-over for
the movie; and the young and irresistible Philip
Seymour Hoffman playing Brandt),
and spiced up with both long sequences and dreamlike scenes; the final result
is kind of unique. There are no surrogates or imitations, the Coen
brothers make no mistakes and Jeff Bridges is unforgettable with his bathrobe
and rubbery sandals, with his sunglasses and milk (payed with a 0,68$ check)
from his faithful white russian on his mustache. Personally, I don't
think this is just a funny story. The Coen brothers do not leave anything to
chance: the movie is clearly directed to the American turnover from the '70s (a
decade of revolutions and horror, with the1960/1975 Vietnam war) and the early
’90s, where people used to hope they would be able to escape from an old
cliché, that Bush father and maybe the old Americans didn't want to let go
(Gulf War 1990/1991); an hardship that's always alive and present. But here on
my blog we talk about cinema…so, I'm gonna end my considerations and review, giving
this amazing movie 4 shining stars...now
I'm gonna go and make me a white russian!
I
hope you liked my review. See you in the next one,
Cris
Sources:
Wikipedia
Traduzione a cura di: Giulia Macciò
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