sabato 6 dicembre 2014

Magic in the Moonlight

Locandina - Image from Google Images

Cari lettori,

Woody Allen torna sul grande schermo (dopo l’acclamato “Blue Jasmine”, 2013) con una pellicola deliziosa dipingendo con una storia al confine tra ragione e magia, un autoritratto unico di un’artista memorabile.

Berlino, fine anni ’20: Stanley Crawford (un sempre fantastico Colin Firth, doppiato in italiano dal magnifico Stefano Benassi) è un famoso illusionista (nome d’arte Wei Ling Soo) capace, razionale e raziocinante. Un amico di vecchia data e collega Howard Burkan gli propone di smascherare Sophie Baker (una capace Emma Stone), una giovane ragazza che con l’aiuto della madre truffa ricche famiglie asserendo di essere una sensitiva, dichiarando che lui stesso non è riuscito nell’impresa. Quale compito più elementare per il grande Crawford, fervente seguace di filosofi come Hobbes (“Homo homini lupus”), Darwin (la teoria dell’evoluzione) e Nietzsche (“Dio è morto”)?
Allen riesce a combinare con maestria e conoscenza gli elementi che da sempre caratterizzano la sua personalità e le sue opere, creando una storia semplice sull’argomento più difficile che un uomo (e lo stesso regista) possa mai porsi: c’è davvero qualcosa oltre la vita?
Da vero ateo (oserei dire da vero Ubermensch, l’Oltreuomo di Nietzsche), Allen concede a solo due elementi l’effetto di palliativo per una vita all’insegna della sofferenza e della condanna inevitabile (l’arrivo della temuta donna con la falce): l’illusione della magia (come il protagonista Allen è un’artista e incanta lo spettatore con pellicole uniche) e l’amore, l’unica irrazionalità socialmente accettabile.
L’elemento della magia è presente in diversi film del regista, tra gli altri “La maledizione dello scorpione di giada”, 2001 e, il mio preferito “Scoop”, 2006 ed è inevitabile che sia a lui legato perché, pur cinico e senza speranza nei confronti della vita (e della morte, notare luogo e tempo in cui la storia è ambientata) è forse, in fondo, uno degli artisti con maggiore sensibilità.

3 stelle ½

Cristina Tenca

Fonti: Wikipedia


Dear readers, 

Woody Allen is back on the big screen (after the well-appreciated “Blue Jasmine”, 2013) with a delightful movie which is all about that borderline between reason and magic; a unique self-portrait by an unforgettable artist. 
Berlin, at the end of the ’20sStanley Crawford (an amazing Colin Firth, dubbed in the Italian version by the great Stefano Benassi) it's a famous illusionist (his stage name being Wei Ling Soo): he's capable, rational and reasoning. An old friend and colleague, Howard Burkan, proposes him to call Sophie Baker's bluff (a great Emma Stone), since he's never been able to do it. She's a young girl that, with her mom's help, swindles rich families, telling them she's a medium. It couldn't be easier for the great  Crawford, fervent follower of philosophers like Hobbes (“Homo homini lupus”), Darwin (the evolution theory) and Nietzsche (“God is dead”)?
Allen is able to combine with mastery and knowledge the elements he has always used and that he's famous for, creating a simple story about the hardest subject ever: there's something after life?
As a true atheist (I'd almost say, as a true Ubermensch, the Uberman by Nietzsche), Allen gives only two elements the palliative effect people need in a hard life: the illusion of magic (as the protagonist, Allen is an artist and enchants the viewer with unique movies) and love, the only socially acceptable irrationality. 
The magic element has already been used in other movies by this director: for example, "The Curse of the Jade Scorpion", 2001, and my favorite“Scoop”, 2006. It's obvious that he's linked to it, because - even if he is so cynical and hopeless towards life (and death as well, you can see it from the movie's settings) - he's one of the most sensible artists out there. 

3 stars and ½

Cristina Tenca

Sources: Wikipedia

Traduzione a cura di: Giulia Macciò





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